Danilo Dolci

Girando per case e botteghe

A cura di Giuseppe Barone

Edizioni Libreria Dante e Descartes

2006

 

introduzione di Giuseppe Barone - Costruire il cambiamento

Danilo Dolci nasce il 28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel1952, dopo aver lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a Trappeto, a metà strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre più povere e dimenticate del paese.

 Il 14 ottobre dello stesso anno, dà inizio al primo dei suoi numerosi digiuni,sul letto di un bambino morto per denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorità siimpegnano a eseguire alcuni interventi urgenti, come la costruzione diuna fogna.
Nel 1955 esce per i tipi di Laterza "Banditi a Partinico" , che fa conoscereall'opinione pubblica italiana e internazionale le disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale.
Sono anni di lavoro intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti.
Il 2 febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia" , con centinaia di disoccupati - subito fermati dalla polizia - impegnati a riattivare una strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958) si costituisce il "Centro sudi e iniziative per la piena occupazione" . Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza sparare" . Si intensifica, intanto, l'attività di studio e di denuncia del fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle accuse - gravi e circostanziate - rivolte aesponenti di primo piano della vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo Mattarella. Ma mentre si moltiplicano gli attestati di stima e solidarietà, in Italia e all'estero (da Norberto Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a Jean Piaget, da Bertrand Russell a Enrich Fromm), per tanti avversari Dolci è solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a processo, incarcerare.
Ma quello che è davvero rivoluzionario è il suo metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a "guru" non propina verità preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare.
È convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento, dalla partecipazione diretta degli interessati.
La sua idea di progresso non nega, al contrario valorizza,la cultura ele competenze locali.
Diversi libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga, impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere e pianificare. 
La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi nell'estremo angolo occidentale della Sicilia.
È proprio nel corso di alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro economico alla zona e per sottrarreun'arma importante alla mafia, che faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento di dominio sui cittadini. Ancora una volta, però, la richiesta di acqua per tutti, di acqua "democratica", incontrerà ostacoli di ogni tipo: saranno necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni, per vedere realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di migliaia di persone: una terra prima aridissima è ora coltivabile; l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e cooperative, diventando occasione di cambiamento economico, sociale, civile.
Negli anni settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce l'attenzione alla qualità dello sviluppo: il Centro propone iniziative per valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando di comprenderne appieno le potenzialità. Col contributo di esperti internazionali si avvia l'esperimento del Centro Educativo di Mirto, frequentato da centinaia di bambini.
Il lavoro di ricerca, condotto con numerosi collaboratori, si fa sempre più intenso: muovendo dalla distinzione tra "trasmettere " e " comunicare" e tra "potere" e " dominio", Dolci evidenzia i rischi di involuzione democraticadelle nostre società connessi al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione capillare dei "mass-media"; attento al punto di vista della "scienza della complessità" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone "all'educatore che è in ogniuno al mondo" 
una rifondazionedei rapporti,a tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica,sul "reciproco adattamento creativo".
Quando la mattina del 30 dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo spegne, Danilo Dolci è ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita.

Tra il febbraio e il luglio del 1972, Danilo Dolci, in una collaborazione col quotidiano “L’Ora” di Palermo, firma una serie di dieci articoli per una nuova rubrica: Esperienze

le Edizioni Libreria Dante e Descartes nel 2006 pubblica quello apparso il 20 giugno in

Girando per case e botteghe, a cura di Giuseppe Barone

ne riportiamo di seguito uno stralcio

 

Il suo profilo, vibranti le sottili narici quando è agitato, ricorda ritratti rinascimentali.Ha gusto, fantasia, passione ( che talvolta può essere scambiata per durezza):
sa intuire, scegliere, disegnare, avviare iniziative e, quando non sa, anche imparare. L'ho vista piangere perché non riusciva a portare avanti il lavoro come desiderava. Ma la qualità fondamentale di Regine - forse il segreto del suo successo - è credere sinceramente che altri hanno acceso idee e invenzioni nate invece da lei e attraverso la collaborazione con lei.
L'accompagno da un tornitore, Di Maria, mentre parliamo.
Domanda Regine dove si può trovare legno stagionato. Dove, come si può cercarlo?
Sopraffutto ulivo. E legno di limone ? Di Maria dice che non va, il limone: ne mostra un pezzo che ha iniziato a tornire, fessurato. È verde, si è spaccato evidentemente perchè lavorato non stagionato. Mentre parlano osservo alcune palette per cucina, in ulivo ("non assorbe l'acqua, è come ferro"), sostegni a tortiglione per tende, abbozzi di candelieri, cannelle per spillare il vino dalle grandi botti (" l'ulivo non assorbe e non gonfia") e una sedia barocca di cui ogni barra sembra uno scettro. Hanno pensato dove cercare il legno, domattina si avrà la conferma per un appuntamento.
"Il problema serio ora non è quello del mercato ma di trovare legno stagionato in una zona dove il legno viene perlopiù bruciato"
Entriamonel laboratorio di un falegname, Scianna. Difficile comprendersi perchè una radio a gran volume diffonde musica di Vivaldi. Qui fanno mestoli e posate lunghe, perlopiù di ulivo, dovrebbero specializzarsi un posateria; stanno già arrivando al problema di valorizzare ogni dettaglio. Discutononuovi modelli. Regine propone di acquistare una nuova macchina sbozzatrice, potrebbero servirsi della nuova levigatrice a nastro di Giambrone e lui potrebbe utilizzare la sbozzatrice.
Michele Greco lavora il ferro: fa monili, candelabri - ne sta forgiando uno splendido a cinque braccia -, sedie, balconi, sculture di cui alcune bellissime (" ma non ho istruzione, faccio solo quello che mi sento dentro ..."). In questi giorni quindici fabbri, tutti di partinico, stanno incontrandosi per trovare nuovi sbocchi al proprio lavoro riorganizzandosi in cooperativa, invece di accanirsi in concorrenza tra loro (" quello l fa per meno, quello per di meno, e si è costretti a lavorare sotto prezzo"): è il risultato tra l'altro che potrebbero aquistare il ferro co quasi il 50% di sconto.

Negozio- laboratorio di Vincenzo Lunetto. Lavorando il giunco, il vimini, il salice, la paglia, la palma nana, la famiglia fa cestini, culle, panieri, borse, lampadari, stuoie, poltrone, "tutto quel che si può fare". Piegano i materiali con elegante e rapida sapienza, conoscono quest'arte da due generazioni. Vincenzo si impegna a consegnare dei cestini entro fine settimana: "È una persona puntualissima, attento ed esatto in ogni iniziativa".

Dice Regine: " Occorre un gruppo piccolo ma efficiente che, lavorando sul posto in collaborazione con gli artigiani, si valga dei maggiori esperti nei diversi campi, sparsi per ilmondo. Occorre che questo gruppo, in collaborazione ad un gruppo più ampio impegnato nello sviluppo della zona, abbia la possibilità di fare ricerche non rimanendo imbrigliato da problemi di rendimento immediato. Occorre che il campo artigianale sia suddiviso in settori:
Anna si dedica a quello dei lavori di cucito, uncinetto, ai lavori delle donne in casa in genere: è un settore in cui valorizza tesori di competenza, finezza, paziente gusto.
Ieny si occupa soprattutto della ceramica ed in modo specifico della maturazione della cooperativa.
Io, soprattutto di chi lavora il ferro, legno, cestineria, di quanto va via via avviato, e dei rapporti esterni.
Un contributo notevolissimo ci viene da Ramy Alexander, una persona che sintetizza rare e diverse qualità: vedere chiaro; estrarre in ogni problema l'essenziale avendo il senso della direzione; non ripetere ciecamente la tradizione ma saper estrarre il senso di un particolare artigianato di una terra per poi trasformarlo in modo profondamente tipico.
Ramy scandalizza talvolta con le sue novità perché vede molto lontano ma colpisce per la sua naturale simpatia, per la sua generosità, fornendo accessibili indicazioni di altri esperti difficilmente raggiungibili o che addirittura ignoriamo esistano.
Il lavoro di gruppo naturalmente è complesso, anche perchè ci manca qualche quadro essenziale. Ma spesso ora, dove non arriviamo noi, arriva l'indicazione della discussione e dell'impegno degli stessi artigiani".


Regine prima aveva quasi avuto il rimorso di essersi dispersa: ma ora tutti i suoi diversi interessi possono confluire fruttuosamente.


"Questo lavoro mi dà tutto quello che non avevo prima: il rapporto con la gente, la soddisfazione di vedere talvolta, dal niente o quasi, pur tra le difficoltà, crescere la vita. Cerco di imparare a diventare, pur impegnata, paziente. Molti anche intelligenti e sensibili, non vedono le occasioni e non hanno idea delle proprie possibilità. E con il senso di responsabilità mi sta crescendo anche un nuovo coraggio".


È affascinata, divenendo occasione di contatti e collaborazioni, dall'accorgersi di diventare catalizzatrice di rapporti nuovi che di per sé generano talvolta situazioni nuove, mentre acquista una sempre più diretta e profonda conoscenza dei problemi della zona. ...........
 
Controcanto.    Il racconto di Danilo.

Nel libriccino "Girando per case e botteghe ", Danilo ha fatto un amorevole ritratto della sua collaboratrice,
me stessa.
È vero che ho vissuto con passione questo momento della mia vita, nel quale le mie inclinazioni, il mio talento è sbocciato in un attività che mi dava tutte le soddisfazioni dopo un lungo periodo di insuccessi.
E lo devo in tutto e per tutto a Danilo.
Menziona un mio pianto, " quando non riuscivo nelle mie intenzioni". Infatti, anche se non sono facile alle lacrime, se era un pianto, era un pianto di rabbia.
Danilo mi ha imposto suo figliastro Luciano e Anna, moglie di Franco Alasia come collaboratori.
Ero convinto che non avevo nessun bisogno di aiuto, che ce la facevo benissimo da sola, caparbia come ero, avezza di decidere sul da farsi, senza inclinazione ad un lavoro di gruppo. Ancora oggi sono un "Alleintäter," un lavoratore solitario. Non sò delegare, dialogare, scendere a patti, in breve sono autoritaria. La collaborazione infatti era un pieno insuccesso, anche e sopratutto per la mia attitudine. 
Era l'unica nota amara in quel momento di euforico agire.
Anche le parole belle sul lavoro di gruppo non sono le mie. Ma Danilo aveva intuito, e capiva forse molto del non espresso in me.
 

Cooperativa Tre Valli

La Cooperativa Tre Valli Deciso che si doveva impiantare un settore dell'artigianato all'interno del Centro S

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