Cercai una struttura adatta per iniziare con la stampa su stoffa. Individuai un bel padiglione Liberty, simile ad una serra posata sopra un corpo basso, che mi sembrava andasse bene per impiantare il laboratorio .
Sono entrata a caso in un vicino negozio per chiedere informazioni, un " si loca" posato dietro un vetro impolverato non era più leggibile.
Quel negozio nel quale casualmente entrai era completamente vuoto, a parte degli scaffali inutilizzati ed una scrivania, dietro la quale era seduto un signore distinto. Alla mia domanda mi ha interrogato sui miei propositi. Cercai di spiegare, ma tutto quello che il signore distinto riuscì a capire era che si trattava di un occupazione artistica. "Torni fra qualche giorno, "mi disse.
Al mio ritorno, senza dire nulla, aprì un cassetto, tirò fuori un telefono, formò un numero e alla risposta invitò qualcuno ad avvicinare. Dopo pochi minuti arrivò una piccola signora, la proprietaria, mi invitò a salire con lei nel luogo da me ambito e mi chiese: "ma come ha fatto di convincerli, è da cinque anni che voglio affittare e non me lo hanno permesso." Più tardi abbiamo capito. Soltanto la nostra impresa giudicata innocua ci aveva liberato la strada.
Andavamo ad occupare i locali dello storico Studio fotografico Seffer.
Nella grande veranda vetrata riuscimmo a piazzare di sbieco un tavolo da 10 metri, su un lato di questo vano, un portale introduceva ad un altro piccolo ambiente che fu destinato a esposizione, e da li partiva una scala in legno che portava alla torretta superiore dove collocammo un tavolo per la produzione dei disegni. La parte restante dell’appartamento ,di cui la vetrata era una dependance, si componeva di una grande sala con tetto a volta e pavimenti maiolicati, destinata ad 2 tavoli da 5 metri e altre due stanze dove posizionammo una macchina da cucire e un tavolo da taglio per la trasformazione dei tessuti stampati e il magazzino dei tessuti e dei telai.