Ho incontrato Daphne per la prima volta, accompagnando i miei futuri maestri Doris e Leslie Tillett, che viaggiavano con un famoso fotografo, loro amico, che per essi ritraeva oggetti di artigianato siciliano. La segretaria dei Tillett era amica di Daphne, e, conoscendo le preziose collezioni conservati in Casa Cuseni ha introdotto gli americani nella villa sopra Taormina. Ho accolto l'invito di Daphne di tornare quando volevo, e sono spesso stata sua ospite, anche quando ormai avevo lasciato il Centro Studi e costituito Impressioni in Sicilia. Come me sono stati accolti i miei collaboratori, Rosario, e Carmen. Sempre in ospitalità gratuita. Quando chiedevo perché non potevo almeno contribuire, mi dava la risposta, "you are dooing good to Sicily." Telefonavo, e la seconda frase era sempre, quando vieni? Erano accettati piccoli regali, cuscini per il terrazzo, che ben si inserivano nel suo arredamento. Quando ero lontana, ci scrivevamo. Ho portato mio padre da lei, che accoglieva suo malgrado, penso che era l'unico tedesco che mai ha soggiornato sotto il suo tetto. Quando è morto, lasciandomi un poco meno povera, al mio prossimo annuncio di una visita ho insistito di pagare, motivandolo, "cara Daphne, adesso sono benestante", è esplosa in una sonora risata e mi ha costretto di scriverlo nel suo guestbook. Un soggiorno per tutti noi partecipanti indimenticabile era un incontro di amici, quattro venendo da Palermo, Rosario ed io col treno da Milano. Daphne aveva un faible per "outstanding persons", aveva sentito del prete fuoriuscito di Scopello, e della sua, e nostra, amica Monica, inglese come lei, con un passato accattivante di collaboratrice di Dartington, ma non conosceva l'amica Heidi, e quindi non gli prestava molta attenzione, finchè durante la conversazione a tavola Heidi non si introduceva con un racconto nominando la principessa baltica, moglie di Tommasi di Lampedusa, acquistando così la "lettera nobiliare" che giustificava la sua presenza. Dopo cena, spostandoci attraverso il salotto in biblioteca, si fermò, e, aditando un magnifico mazzo di fiori di campo posato sul pianoforte, si esprimeva con ammirazione:"Concetta -una semplice contadina siciliana, " non rendendosi conto che almeno due dei presenti rispondevano alla stessa categoria. Le nostre stanze si trovavano a debita distanza dalla sua per permetterci una rappresentazione ilare della scena, con schiamazzi e risate da collegiali fino a tarda notte. Con le mie prolungate assenze dalla Sicilia si diradavano i nostri incontri. Una volta, Daphne non era in casa, e poi sentimmo che non stava molto bene. Argomento delle nostre conversazioni nel passato era spesso l'evocazione del futuro, la vecchiaia, come affrontarla. Daphne se ne preoccupava. Anche il lungo servizio che Concetta aveva già assolto, e come pagare la buonuscita, se dovesse licenziarsi. Per l'ultimo problema fu trovata la soluzione, Daphne la rese proprietaria della casa, nella quale abitava con la sua famiglia. Ma per il resto, come avrebbe passato gli ultimi anni, non aveva un idea. Così, sapendo che stava male, sono andata a trovarla per l'ultima volta. Era triste e commovente, e nonostante questo, immerso nella luce mattutina, confortante. Non aveva cambiato aspetto, mi ha accolto con un sorriso, ma senza riconoscermi. Non è valso a niente ricordarli eventi, mostrandoli i cuscini, facendoli presente la nostra lunga amicizia. Non so chi sei. Concetta ha continuato a circondarla del suo affetto. Casa Cuseni doveva diventare, nel volere di Daphne, una fondazione che accogliesse giovani musicisti per momenti di studio e svago. Quando sono andata a trovare Concetta mesi più tardi, gli eredi non avevano ancora deciso quale doveva essere la sorte di questo paradiso tanto amato dalla sua custode, Daphne Phelps.